Al festival “Il Teatro della Città”: Cervantes, Don Chisciotte e Czertok “Contra gigantes”.

Un invito all’azione, un inno alla passione. Don Chisciotte della Mancia, cui il glorioso Teatro Nucleo ha dedicato uno spettacolo di grande successo, dal titolo “Quijote”, rappresentato per decenni nelle piazze di tutto il mondo, non smette di “lanciare segnali tra le fiamme” e ritorna in una sintesi affascinante ed inedita con l’autore, Miguel de Cervantes,  e il suo fedele, duraturo e sommo interprete, Horacio Czertok.

All’interno  del festival “Il teatro della città” del Drammateatro, con Claudio Di Scanno, con il quale ha ritrovato la dimensione originaria di “Ombelicus mundi”, da cui scaturiva una vicinanza etica ed artistica che li univa e li segnava, Czertok ha tenuto uno stage per attori, presentando l’ultimo progetto, “Contra gigantes”, che a Popoli ha offerto un distillato, il relitto di un lavoro di studio e di ricerca sul testo di Cervantes mai interrotto e ancora in fieri. Un pensiero fisso, del resto, il Don, costante anche nel sogno, come racconta lo stesso Czertok.  Indomito,  insoddisfatto, non ancora placato, chiede di tornare in scena, sente che ha ancora molto da dire ai contemporanei.

In teatro come in strada, distrutto ogni residuo di quarta parete, coinvolgendo il pubblico nell’evento scenico, che prende forma sotto i suoi occhi in un’atmosfera rilassata ed informale, ecco il grande attore stanislavskiano intrecciare con maestria e fanciullesca energia il suo canovaccio, tra realtà e rappresentazione, partecipazione ed astrazione, consegnandoci tutti insieme a un esperimento di comunicazione teatrale, immaginazione e visione: cogliere l’invisibile, vedere i giganti, ingaggiare battaglia.

Czertok in “Contra gigantes” al Comunale di Popoli

A vent’anni da “Quijote”, visto anche al festival di Montone nel 1996, con le sue sferraglianti ed abbaglianti macchinerie teatrali, ora Czertok veste direttamente in scena i pochi costumi, trasforma un manico di scopa in una spada o una lancia, mima la cavalcata del fido Rocinante e affronta le sue battaglie,  non importa se reali o se vinte, contro i giganti dell’ignoranza e dell’ingiustizia di ogni tempo.  I movimenti ampi, gli spazi dilatati si contraggono, si asciugano, accennano linee e traiettorie essenziali, giacché ad interessare Czertok sono gli innumerevoli nuclei di senso, validi per l’oggi, e perciò politici;  i sottotesti: giganti, battaglie, ideali, individuabili nella lettura approfondita del capolavoro di Cervantes.  Czertok entra ed esce continuamente dal personaggio, per contestualizzare, spiegare, commmentare, con la libertà che gli concede la padronanza dei materiali e la maestria d’attore. Scopriamo con lui un ineffabile intreccio di elementi biografici che Cervantes ha diluito nel suo capolavoro, opportunamente nascosti, ma non abbastanza da evitargli la condanna e la fuga, in un’epoca in cui la cattolicissima Spagna era dominata da un potere particolarmente repressivo. Scopriamo che, attraverso Don Chisciotte, egli abbia portato avanti un’intelligente ed arguta critica alla società della sua epoca e al potere costituito e scopriamo persino che, durante la sua fuga, abbia trascorso alcuni mesi in Abruzzo, protetto ad Atri dai Duchi d’Acquaviva.

In vista di una sua ripresa, “in grande” – come scrive Teatro Nucleo – lo spettacolo vuole avere anche una valenza culturale, ed è un invito a conoscere un testo tra i più popolari e citati e, proprio per questo, meno conosciuti.

C’è la sfida di rendere giustizia di un romantismo che secondo Czertok ha impedito una lettura adeguata del romanzo e del personaggio e l’esplicita richiesta allo spettatore ad unirsi nella ricerca dei “giganti”, oltre che dei molteplici elementi di contemporaneità e al senso politico e rivoluzionario delle battaglie, metafore che dischiudono sensi profondamente attuali e vivi.

Grazia Felli

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