“Non non non non non abbastanza ossigeno”. L’apocalisse approda a teatro

Non non non non non abbastanza ossigeno, Ph. Arti e Spettacolo

Proposto dal Dipartimento di Eccellenza di Scienze Umane dell’Università degli Studi dell’Aquila, nell’ambito del programma della Summer School “Translation and its Theories: Theatre, Arts, Philosophy”, è stato presentato il 17 settembre al Nobelperlapace di San Demetrio ne’ Vestini “Non non non non non abbastanza ossigeno”, traduzione letterale dall’inglese di “Not not not not not enough oxygen”, scritto nel 1971 dall’autrice inglese Caryl Churchill. Il testo traduce una distopia, cioè una situazione in cui, di contro all’utopia, si prefigura una visione estremamente negativa del futuro. Lo spettacolo è nato come radiodramma per la BBC prima d’esser rappresentato alla Royal Court di Londra. La prima versione italiana in forma di radiodramma è stata offerta su Rai Radio3 nel novembre 2017, divenendo poi uno spettacolo teatrale vero e proprio per la regia di Giorgina Pi, con interpreti Aglaia Mora, Xhulio Petushi e Marco Spiga, prodotto da Bluemotion e Angelo Mai.

Ambientato nel 2010, in un futuro che per noi è fortunatamente passato ma di certo straordinariamente attuale, alla luce del vivace dibattito in corso sugli effetti dei cambiamenti climatici, sullo stato di salute del nostro pianeta e sulla qualità dell’aria nelle nostre città, lo spettacolo è parte di un progetto dal titolo “Non normale, non rassicurante” dedicato da Bluemotion all’opera della Churchill.

Sono due, all’inizio, i personaggi sulla scena oscura e vuota, immersi in una nebbia densa e fumosa: Vivian, giovane donna che ha lasciato il marito per andare a vivere con Nick, e questi, che ha vent’anni più di lei e che, dopo la partenza della moglie, condivide con la dolce Vivian il sogno di andare a vivere in una casetta tra gli alberi. Sono chiusi in una casa cubicolo, in un grattacielo di una Londra che ora si chiama “Le Londre”. Un girone infernale avvelenato dall’inquinamento, dall’altissima concentrazione di anidride carbonica e dal fumo degli incendi appiccati da fantomatici rivoluzionari, che Vivian definisce fanatici; un luogo disumano e senza verde dove è vietato fare figli e l’ossigeno è un  lusso che si compra in costose bombolette spray.

Sognano, prefigurano e attendono l’arrivo del figlio di lui, Claude, famosa e ricca pop star in cui ripongono la speranza di ricevere il denaro sufficiente per ricominciare altrove. Ma nonostante sia preannunciato dalla visione, di certo immaginata, di un passero sfuggito all’estinzione, l’arrivo di Claude sarà una doccia fredda, perché, secondo la tendenza del momento, egli si è già liberato di tutti i suoi averi, deciso a lasciare la città.  Per un istante sospettano che sia divenuto anche lui un fanatico e che sia venuto per ucciderli ma se ne andrà, dopo un drammatico confronto con il padre, abbandonandoli al loro scontato destino, dacché l’ambiente si fa asfissiante e anche la bomboletta di ossigeno è ormai vuota.

La matrice radiofonica del dramma è esplicitata  dalla presenza dei microfoni, uno dei quali pende dall’alto e ad esso i personaggi si accostano, attratti come falene dall’ineludibile destino. L’altro serve a Nick, che a lungo vediamo di spalle seduto su una sedia, unico elemento scenografico presente, gli altri sono efficacemente evocati tramite effetti visivi e sonori. Fin dal titolo, attraverso lo stratagemma ripetivo, nel ritmo balbettante e infantile di Vivian, oltre che nel sofferto affanno di Nick, si oggettiva il tema dello spettacolo, quell’insufficienza di ossigeno che fa ansimare e toglie lucidità, coinvolgendo lo spettatore, che vive all’unisono quella condizione straniata, surreale e claustrofobica.

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