L’Aquila, 3 Giugno 1948 -14 Gennaio 2009.

Francesco Sfarra con G. Felli e Antonella Mantini
Punto di riferimento per generazioni di artisti abruzzesi e non solo, Francesco Sfarra ha insegnato presso la cattedra di Scultura all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, dove anch’egli si era diplomato nel 1975, avendo avuto per maestro Andrea Cascella. Nell’alveo di quella straordinaria fucina artistica che fu il Teatro Stabile dell’Aquila degli inizi ebbe a perfezionarsi nei laboratori scenografici del teatro, dove militò tra il 1967 e il 1983. Nel ‘75 entrò a far parte del Gruppo Aura, compagine artistica che alle logiche dell’arte mercato opponeva l’aspirazione ad incidere nel contesto socio culturale tramite performances e interventi di land art. Ne facevano parte anche Walter Zarroli, Canzio Gentilucci, Walter Battiloro e Sergio Nannicola e tra le azioni più note si ricorda l’intervento “Una rosa sulla neve” realizzato a Campo Felice (AQ)
E’ il critico Mariano Apa a restituire a Sfarra la fisionomia artistica che non ho conosciuto, avendolo incontrato solo all’inizio degli anni ’90. Si dedicava ormai esclusivamente all’insegnamento, allorché rigore, etica e coerenza estrema lo avevano spinto a rinunciare alla prassi artistica a favore di una per lui più feconda vicinanza critica con gli allievi, cui destinava ora la moderazione saggia del padre e la partecipazione amichevole ora l’acceso confronto ideologico e dialettico.
“Nel corso degli anni – scrive Apa in Accademia ’05, Un album di esercizi) in Sfarra la componente ideologica della pratica artistica è andata sciogliendosi negli sguardi del disincanto. (…) La natura esprime l’eros del vivere e il respiro di un sentimento di religiosità che ha dettato il sentimento e il pensiero del rispetto, dell’ascolto, dell’umiltà che è propria dei sapienti”.
E proprio quale riflesso di tale sapienza, l’influsso fecondo di Francesco Sfarra vive ancora oggi nell’opera di molti artisti abruzzesi che nella sua parola sincera e sferzante, nella sua misteriosa capacità di vedere oltre il velo delle apparenze e di stanare plausibili inganni hanno trovato una bussola per orientarsi nei percorsi dell’arte e ancor più della vita. Nell’immediatezza del dopo terremoto dell’Aquila si è avuta notizia del ritrovamento di una sua opera scultorea (San Marciano, 1979, cfr. Apa, cit.) tra le macerie di una chiesa di Roio. Paese in cui era nato ed abitava e, pur malato, continuava a ricevere amici ed allievi e a dispensare consigli e lucidi pensieri.
(Si ringrazia Sergio Nannicola per i materiali messi a disposizione)


