“Montone tra il Sole e la Luna”, avamposto in Abruzzo di esperienze interculturali

 

Anche nell’estate 2018 la direttrice artistica, Loredana Iannucci, la pro loco di Montone e un team di appassionati collaboratori sono riusciti a mantener fede all’impegno di tenere in vita uno dei festival più longevi, caratterizzati e impegnati della storia abruzzese. Festival di teatro di strada ed arti, nonostante le altalenanti fasi finanziarie, ha gelosamente custodito la sua fisionomia originaria, che si declina nella vocazione all’incontro, alla scoperta di pratiche artistiche vicine e lontane, a creare condizioni di conoscenza e scambio culturale sempre godibili e feconde.

Particolarmente vivo ed urgente il tema del mare, dato all’edizione di quest’anno ed efficamente contestualizzato grazie alle installazioni di numerosi artisti (Fausto Cheng, Fabrizio Mariani, Mauro Di Giuseppe, Serena Vallese, Lara Falò, Ambra Lorito, Pino Procopio, Bruno Zenobio, Massimo Piunti e Silvia Di Gregorio). In particolare il grande allestimento scenografico di Cheng ha introdotto alla riflessione critica e catartica della tematica del festival, popolando vecchi fondaci di maschere di gesso indistintamente bianche o nere. L’installazione sulla piazza presentava un esteso sudario, mosso al fragore di flutti e, nella chiesa prospiciente, un emblematico e ancora nero “cuore sacro”, offerto a memoria delle tante, troppe, vittime senza nome di approdi mancati.

La performance di Mauro Di Giuseppe

Sul medesimo tema, intorno al relitto di una barca spezzata dal naufragio, ha preso forma la performance di Mauro Di Giuseppe, che ha coinvolto gli spettatori – tanti i bambini – in un composto rituale di partecipazione che prevedeva l’offerta da parte del pubblico di rosse barchette di carta e pensieri che l’artista collocava in un reticolo di croci tracciate in nero sulla sabbia.

Per il teatro si è goduto del ritorno dei Milon Mela (il nome in bangla significa Festa degli incontri) con la loro sonante e colorata Parata di Apertura, un emozionante caleidoscopio di bellezza e stupore in cui si concentrano rituali, musiche e danze dell’India. Nel cartellone di quest’anno anche i Cantores del Teatro Simurgh e l’attore argentino Sergio Mercurio con il suo El Tiritero di Benfield, agito con marionette giganti da egli stesso costruite. L’Accademia di Belle Arti dell’Aquila ha presentato “Fillide”, dalla drammaturgia di Marcello Gallucci, docente di teatro, da Ovidio, e con la regia di Mario Barzaghi, attore particolarmente noto per la pratica del teatro danza indiano Kathakali, che egli ha avuto frequentemente il merito di far conoscere al pubblico abruzzese.

La vitalità del festival di Montone, borgo per l’arte dal 1991, è legata al progetto di trasformazione culturale che ha portato con sé, in una logica di formazione ed educazione del pubblico al teatro e alle arti, soprattutto dei giovani del posto che vi contribuiscono sempre con entusiasmo.

Ingemar Lindh, ph. Wikipedia

Negli anni il festival è stato crocevia di passaggi significativi, come quello di Ingemar Lindh (1945-1997) che con il suo Institut for Scenkonst fu ospite in residence nel 1994 in una indimenticabile edizione del festival, firmata artisticamente da Claudio Di Scanno. Vennero poi l’argentino Teatro Nucleo, il Laboratorio Teatro Settimo, il Teatro del Lemming e lo straordinario Teatro de los Andes, solo per fare alcuni nomi. Si è rivelata intelligente la logica del festival di darsi ogni anno un vettore, un orientamento tematico intorno al quale far coagulare gli interventi artistici, le riflessioni e gli spettacoli.

In sintesi, l’azione dal piccolo raggio ma di grande influenza del festival di Montone è riuscita nell’intento di proporre una modalità di aggregazione creativa fondata sulle questioni mai obsolete della necessità, della condivisione e del valore: è una piccola zona franca in cui l’arte e il teatro sono riusciti a penetrare nel tessuto civile e sociale e a diventare tradizione, eredità e progettualità condivisa.

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